Quel ragazzo dagli occhi vispi, con cui parlai la notte dell’evento promosso dalle onlus, si chiamava Gianni ed era un giornalista. Mi fece un’intervista a mia insaputa e ringrazio il cielo di non avergli raccontato la vita segreta di zio Ermete, ma solo qualcosa di me.
Lui capì che sapevo qualcosa sul sindaco, qualcosa che poteva fare notizia con storie nascoste di famiglia, ma non spinse troppo e si concentrò su di me.
Scopersi la sua professione, un paio di mesi più tardi, quando un giornalaio che conoscevo mi fermò per regalarmi Panorama appena uscito.
Allungò il giornale dicendomi che dentro c’era un articolo che mi riguardava, non solo sui clochard, ma proprio su di te, su Ronnie Consiglio, disse.
Cercai una panchina e lo sfogliai fino a pagina ventuno, dove c’era un pezzo sul mondo dei senzatetto e sulle iniziative delle associazioni di beneficienza. Era firmato dal reporter Gianni Seriani. A parte, ma all’interno del servizio, il mio nome era a titolo di una colonna fitta di parole.
RONNIE CONSIGLIO
Il mondo dei clochard è un universo sotterraneo, popolato da personaggi mistici e misteriosi. A volte questi uomini e donne hanno una saggezza e una filosofia di vita invidiabile e qualcuno di loro custodisce segreti importanti che mai rivelerebbero.
Vivono con poco, di qualche espediente, e anche se non conoscono il loro domani, questi “saggi” hanno un’etica e una correttezza che mi augurerei fosse più presente nel nostro mondo di superficie.
Ho conosciuto uno di questi uomini una notte di due mesi fa. Si fa chiamare RONNIE CONSIGLIO ed è custode di avventure incredibili e di una sapienza che non si può imparare da un libro…
Capitolo 22
Milano, novembre 2009
Questo pensiero ha iniziato piano, da quando sono scivolato e ho preso una brutta botta all’anca sinistra. Faceva ancora caldo e volevano portarmi in Pronto Soccorso. Dissi no, non è nulla. Mi rifugiai in uno dei miei posti e rimasi rintanato per molti giorni.
La gamba faceva male e camminavo a fatica. Forse si era rotto davvero qualcosa. Ormai non serviva l’ospedale, se c’era stata una frattura, adesso era saldata.
In quei giorni di solitudine, tirai le somme degli ultimi dieci anni, e potevo dire di avere la residenza a Milano.
Era tempo di levare le tende.
Una parte di me prese la decisione durante quella convalescenza, ma non me ne resi conto subito, fu una cosa sottile, che emerse lentamente in superficie, spinta da una corrente profonda e nascosta.
Un giorno sentii che era arrivato il momento.
Salutai gli amici, regalai quello che non potevo portare appresso e una mattina di fine novembre partii, a piedi e senza una meta.
Facevo attenzione ai segnali della natura, agli animali, alle mie sensazioni, a chi incontravo.
Sentivo di avere un appuntamento. Ed ero felice che qualcuno stesse aspettando proprio me.
Pensai anche di essere veramente pazzo, ma poi qualcosa mi catturava e mi faceva mettere un piede davanti all’altro.
A fare un altro passo.
Ancora uno.
Ancora…
Fino alla meta.
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